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In Aspromonte l’era dell’ultima glaciazione globale

Sensazionale scoperta  di relitti di foresta dell’era post glaciale  rinvenuti nel  del sito del Parco Nazionale dell’Aspromonte. Quercus petraea subsp. Austrotyrrhenica: questo il nome scientifico di alcuni nuclei di boschi vetusti di rovere meridionale ritrovati,   le cui origini possono  essere fatte risalire all’era olocenica.
 
Un passo indietro.
Con il termine “glaciazione” viene generalmente indicato un lunghissimo intervallo di tempo della storia climatica della terra – migliaia se non addirittura milioni di anni- durante i quali  le calotte polari si estendono fino a ricoprire gran parte delle terre emerse, arrivando fino all’Europa ed al Nord America, con un generale abbassamento delle temperature medie globali.  Alcune glaciazioni hanno avuto una durata di 40.000 anni,  le più recenti di  circa 100.000.
Cinque le principali glaciazioni della storia del  nostro pianeta: la glaciazione più antica si crede abbia avuto luogo tra 2,7  e 2,3  milioni di anni. Datata tra gli 800 e i 600 milioni di anni orsono (periodo Cryogeniano)  fu, quasi certamente,  l’era glaciale più importante dell’ ultimo miliardo di anni.
I Paleontologi spiegano che, in quel periodo, le acque del mare si ghiacciarono fino a raggiungere l’equatore, andando a raggelare ogni cosa.
La più recente glaciazione ha avuto inizio circa 3 milioni di anni fa e tutt’oggi è  parzialmente in corso, in quanto le nostre calotte polari – sia la Groenlandia che l’Antartico- appaiono completamente ricoperte da una spessa coltre di ghiaccio.
Gli scienziati si sono spesso interrogati-  anche attraverso lo studio e l’analisi delle tracce fossili rinvenute nei secoli ed  immediatamente riconducibili ad una forma di conservazione legata alla glaciazione- su   quali potessero essere le  cause autentiche di un  fenomeno naturale di siffatta portata. Controverse e variegate  le opinioni.  Le più accreditate – proprio perché scientificamente supportate da dati empirici legati al ripetersi nel tempo  del  macroscopico fenomeno climatico -  sono concordi nel ritenere la presenza  di tre fattori determinanti   imprescindibili per il verificarsi di tale processo naturale epocale:
 
i cambiamenti dell’orbita terrestre intorno al sole  e dell’orbita del sole intorno alla Via Lattea;
-  la disposizione dei continenti sulla superficie terrestre;
-  la composizione dell’atmosfera  ed in particolare la quantità di biossido di carbonio (C02) e Metano (CH4) naturalmente presenti nella stessa.
Tali  studiosi ritengono pacificamente che  l’ultimo di questi tre fattori sia il più determinante,  oltre che precondizione essenziale, soprattutto nella prima storica glaciazione del pianeta.
La presenza di terre emerse all’interno dei circoli polare artico ed antartico  è fondamentale, oltre che necessaria,  perché costituisce solida base sulla quale il ghiaccio ha possibilità di accumularsi per mantenere quasi costante la propria temperatura.  L’orbita della terra non appare- ex adverso-  fattore scatenante, ma determinante  esclusivamente in una fase  immediatamente successiva,  ai  soli fini della durata  nel tempo della fase di glaciazione ed interglaciazione, durante le quali le calotte si sono estendono  e si ritirano  ciclicamente.
Anche le macchie solari,  pare abbiano un ruolo determinante indiretto, soprattutto sulla  determinazione della temperatura globale  della crosta terrestre.
L’aumento della coltre glaciale, oltre a produrre nuovi ghiacciai a latitudini più equatoriali, genera una crescita di quelli  preesistenti, fino a determinare una coalescenza dei ghiacciai presenti nella medesima area, con un conseguente avanzamento delle fronti glaciali  e,  attraverso un’azione di modellamento e di conservazione  della superficie terrestre loro sottostante,  riesce a conservare al suo interno tracce e sedimenti di ogni  cosa  vi sia rimasta sepolta, così  da poterla sottrarre  al naturale processo di necrosi ed autodistruzione naturale dovuta allo scorrere del tempo, come in uno scrigno. L’individuazione e l’analisi delle tracce di una glaciazione permette così  di riconoscere l’avvenuta glaciazione nel suo  passato geologico.
 
Questo si è verificato nel nostro Parco Nazionale, assolutamente non per caso, ma grazie ad una intensa e costante attività di ricerca  condotta sulla flora terziaria che si è conservata ed evoluta nel tempo, proficuo e prezioso frutto del  lavoro condotto dai ricercatori  del Dipartimento di Agraria  della Università Mediterranea di Reggio Calabria.
Scoperta dall’indiscusso altissimo valore scientifico  per la valorizzazione del Parco calabrese,  venuta alla luce grazie anche  alla sinergia fattiva  tra mondo scientifico locale  e pubblica amministrazione ;  al lavoro fortemente voluto dal Prof. Giovanni  Spampinato  (docente di botanica ambientale  applicata presso la facoltà di Agraria dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria),   dal Prof. Carmelo Maria Musarella (assegnista di ricerca all’estero) e dal Gruppo per la vegetazione della Società Botanica Italiana. Ne è seguita una affascinante  fase di studio  effettuata nel corso del VII Seminario Internazionale “Conservazione e Gestione della Biodiversità” che si è svolto a giugno 2013 a Gambarie,  proprio  nel cuore del Parco Nazionale dl’Aspromonte.
Durante l’escursione si è potuto dibattere sull’ epocale scoperta, evidenziando come l’Aspromonte ha rappresentato un’indiscussa area di rifugio durante il periodo delle glaciazioni,  per una diversificata flora terziaria che si è conservata in questo territorio e,  in alcuni casi, addirittura evoluta,  generando nuove entità come la quercia in oggetto: vera e propria prova documentale  della prima flora mediterranea cresciuta dopo la fine dell’ultima era glaciale.
 
E tutto questo,  grazie anche all’ausilio prezioso del  Corpo forestale dello Stato,  ed in particolare,  alla Dr.ssa Marina Forgione  dell’ufficio territoriale per le biodiversità,  da sempre custodi gelosi e preziosi del ricco patrimonio naturalistico, faunistico e  culturale del nostro  Parco Nazionale. L’Amministrazione Provinciale di Reggio Calabria con il Presidente dott. Giuseppe Raffa, ha  personalmente  creduto al valore dell’iniziativa, insieme con l’assessorato al ramo; così come il  Comune di Santo Stefano d’Aspromonte e il Dott. Francesco Cannizzaro che hanno ospitato,  in una cornice spettacolare e suggestiva  i partecipanti al Seminario, tutti  provenienti da diversi paesi dell’U.E. Fra questi erano presenti anche due ospiti d’eccezione: il prof. Salvador Rivas-Martinez di Madrid, esperto di fama internazionale  di geobotanica  e il Prof. Eusebio Cano di Jaén (Spagna), ideatore del Seminario e studioso  delle querce e dell’olivicoltura, che collabora direttamente con il Dipartimento di Agraria della Facoltà Mediterranea.
Stupefacente  ritrovamento  non solo per il suo rigoroso valore  intrinseco, ma perché consente,  altresì,  di ricavare altre preziose  informazioni, utilizzabili quale spunto  in altrettanti progetti di ricerca interdisciplinari e scientificamente interconnessi; quali,  ad esempio,  i numerosi  imput che i paleoclimatologi potranno ricavare   per studiare i cambiamenti climatici avvenuti in un’epoca così straordinaria e,  soprattutto,  le eventuali manifestazioni naturali diametralmente opposte come  incendi, eruzioni e movimenti delle faglie della crosta terrestre;  oltre alla precisa  ed eccezionale  datazione offerta dalla natura attraverso lo studio diretto degli anelli dei tronchi rinvenuti.
In questa luce il patrimonio culturale diventa  testimonianza della collettività calabrese tutta, in quanto la  sua eredità collettiva e condivisa, diventando elemento  e  patrimonio marcatore distintivo,   la rappresenta e la significa,  com’è avvenuto,  anche in altri possibili scenari internazionali culturalmente significativi.
La ricerca, quindi, quale vero primo motore primario per la crescita e lo sviluppo di una società civile.  “Il patrimonio non esiste ad uno stato di natura” affermava  Jacques Mathieu: “Frutto di un processo di selezione, ciò che si chiama patrimonio deriva da una decisione, da una volontà di sensibilità individuali e collettive, di un bisogno di preservare, di un’analisi che ha per effetto di mettere in evidenza dei valori condivisi”. La natura che fa scrigno di se stessa,  per consegnarne la propria bellezza alle generazioni future.
di Nadia Fotia
 

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